Dal caos rifiuti di Zingaretti al piano Rocca: il Lazio volta pagina
Per dieci anni il Lazio ha vissuto di emergenze costruite e rinvii programmati. I governi regionali a guida PD hanno chiuso progressivamente tutti i siti di smaltimento, lasciando in piedi soltanto la discarica storicamente legata al “dominus” del settore romano. Una scelta politica che ha drogato il mercato: meno impianti significava meno concorrenza, e le tariffe di conferimento sono lievitate in alcuni casi fino al 200%.
Il risultato è stato un aumento medio della TARI del 40% su scala nazionale. Perché il “caso Roma” non ha colpito solo i 5,5 milioni di cittadini del Lazio: l’emergenza capitolina ha trascinato al rialzo i prezzi di smaltimento in tutta Italia, permettendo alle multiutility del Nord – emiliane e lombarde in testa – di lucrare sul flusso di 700-800mila tonnellate l’anno spedite fuori regione.
La maxi-discarica da 5,5 milioni di metri cubi
Le cronache degli ultimi giorni hanno messo in evidenza il progetto di una nuova discarica regionale di servizio, con una capacità stimata in 5,5 milioni di metri cubi: il più grande invaso mai autorizzato nel Lazio. È il tassello chiave del nuovo disegno.
L’impianto si colloca come infrastruttura di sistema: un bacino di riferimento in grado di sostenere il fabbisogno di Roma e provincia. Non mancano le reazioni: gli ambientalisti parlano di colpo al territorio, mentre sul piano politico la maggioranza rivendica una scelta di “realismo industriale” che supera anni di immobilismo.
La svolta promessa dal centrodestra
Otto mesi fa la giunta Rocca aveva preso un impegno chiaro: ogni ATO del Lazio avrà una propria discarica di bacino, basta scaricare su altri territori i propri rifiuti.
I documenti e i primi provvedimenti vanno proprio in questa direzione. Se la road map verrà rispettata, entro 8-12 mesi si chiuderà la stagione delle esportazioni forzate di rifiuti e dei costi gonfiati.
Il messaggio politico è trasparente: l’era della gestione emergenziale voluta o tollerata dal centrosinistra è finita. Il Lazio torna ad avere un disegno industriale sul ciclo dei rifiuti, coerente con le linee nazionali.
Effetti sul mercato e sulla politica
Per le multiutility del Nord, abituate a ricevere centinaia di migliaia di tonnellate dal Lazio, si prospettano anni difficili. La rendita di posizione costruita sull’emergenza romana verrà meno, e i prezzi di conferimento saranno destinati a rientrare. Ne beneficeranno non solo i cittadini del Lazio ma, indirettamente, tutti i contribuenti italiani, perché verrà meno il fattore che ha gonfiato i listini a livello nazionale.
L’opposizione prova a ridurre la partita a uno scontro locale, ma la posta è nazionale: la gestione rifiuti a Roma ha inciso sull’economia dell’intero Paese. Ed è qui che si misura il cambio di passo.
Una lezione politica
Per anni si è raccontato che non esistessero alternative, che l’unica strada fosse spedire rifiuti altrove e pagare prezzi sempre più alti. Oggi la politica sceglie di ribaltare quella narrazione: dotare ogni territorio del proprio impianto, riportare il ciclo a dimensione locale, restituire trasparenza a un settore condizionato da monopoli e rendite.
Il Lazio non recupera soltanto un decennio di immobilismo: manda un segnale a tutta Italia. Le emergenze non si subiscono, si gestiscono attraverso la pianificazione di medio e lungo termine . E, quando cambia la volontà politica, queste emergenze devono finire.
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