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Nella Regione Lazio il vero business dal 2014: raccolta differenziata e impianti fantasma al servizio di discariche e termovalorizzatori

Nella Regione Lazio torna alla ribalta il nome della famiglia Ciummo, ancora una volta coinvolta in un’indagine sugli appalti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani differenziati. Non è la prima, né sarà probabilmente l’ultima. Il settore dei rifiuti continua a rivelarsi un territorio fertile per opacità, pressioni e scambi di favori. Ma forse, il punto cruciale è che molti degli attori coinvolti non si rendono nemmeno conto del potere che, anche inconsapevolmente, è stato loro affidato.

Le aziende che si occupano della raccolta e del trasporto dei rifiuti per conto degli enti pubblici, infatti, detengono un potere decisivo: sono loro a fornire ai Comuni i dati sulle percentuali di raccolta differenziata. Da queste percentuali dipende non solo il rispetto degli obblighi di legge, ma anche la possibilità, per gli enti locali, di accedere a fondi, premialità e autorizzazioni. Senza quelle dichiarazioni, gli impianti “fantasmagorici” come quelli a marchio TM semplicemente non potrebbero esistere.

Parliamo di strutture spesso abusive, create per gestire in modo parallelo — e occulto — il lato commerciale della filiera: discariche, termovalorizzatori, e impianti vetusti e inefficienti, trasformati per convenienza in “nuove soluzioni” ambientali. Molti di questi impianti sono misteriosamente andati a fuoco negli ultimi anni.

Un altro imprenditore oggi finisce nei guai, e probabilmente – come tanti altri – ha dovuto “ringraziare” più di qualcuno per poter lavorare. Ma sarebbe sufficiente che la Corte dei Conti e la magistratura penale del Lazio guardassero con attenzione ai flussi reali di rifiuti: numeri, percorsi, impianti di destinazione.

Il vero business dal 2014

Resta una domanda amara: perché per cinquant’anni non è successo nulla, e invece dal 2014 a oggi si contano almeno un centinaio di arresti e una decina di incendi negli impianti di trattamento nel Lazio?

Forse è meglio non chiedere troppo. Perché le domande pretendono risposte. E alcune risposte, nel sistema dei rifiuti, sono ancora troppo scomode.

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