Più dazi, meno Chianti: il paradosso del vino italiano colpito e copiato
(Adnkronos) – Tra i settori più esposti ai dazi di Trump c’è il vino italiano, destinato a subire uno dei contraccolpi peggiori. Una situazione che oscarwine, uno dei siti di settore più letti in Italia, aveva denunciato mesi fa, per voce del suo direttore Livio Buffo, e che in questi giorni è in distribuzione con il nuovo numero della freepress cartacea con una storia di copertina dal titolo provocatorio: “Trump VS Europa: dazi nostri”. «Ci piacciono le copertine forti in stile Libero o il Manifesto – spiega Buffo all'Adnkronos – e questa era pronta da tempo. Il cuore del pezzo è un’intervista alla senatrice Silvia Fregolent, che analizza l’impatto dei dazi e le paure crescenti tra i produttori.»
Paure che, oggi, sono diventate certezze.
«Trump mantiene sempre le promesse/minacce. I novanta giorni di stop ai dazi partiti ad aprile non hanno cambiato nulla… anzi. Ora inizia la vera sfida.»
Quale?
«Il mercato statunitense è il più importante per il vino italiano. Negli anni ci ha aiutato a costruire una reputazione, aumentare la nostra competitività, facendo crescere l’export e creando occupazione. I dazi colpiranno soprattutto i vini di fascia bassa che rappresentano il grosso dei volumi. I prodotti italiani diventeranno meno accessibili, probabilmente sostituiti da vini di qualità inferiore ma a prezzo più contenuto.»
Ci darebbe qualche numero?
«L’export vinicolo italiano negli USA vale 2 miliardi di euro, circa un quarto del nostro totale mondiale. Per alcune regioni italiane gli Stati Uniti valgono ancora di più, fino al 35% del loro mercato. Secondo l’UIV, le vendite di alcolici europei negli Usa (vino incluso) generano 8 miliardi di euro, contro 1,3 miliardi di import. Il dato che spaventa è un altro: l’81% del nostro vino esportato rientra nella fascia popolare, con circa 350 milioni di bottiglie vendute ogni anno. Questa è l’area che sarà più colpita. Invece, chi spende 100 dollari per un Brunello, potrà digerire un aumento di 10 ma invece chi deve arrivare a fine mese il vino italiano base inizierà a evitarlo dopo gli aumenti.»
Qualche mese fa lei aveva proposto di passare all’attacco, colpendo le aziende americane che lucrano sull’italian sounding.
«Parliamo di un fenomeno da 40 miliardi di euro che colpisce anche il vino. A maggio, con Cenacoli , il vicepresidente del Senato Centinaio e l’onorevole Cerreto della commissione agricoltura della Camera, abbiamo lanciato la piattaforma madenotinitaly.com, per segnalare i falsi italiani e fare cultura, spiegando la differenza fra un nostro prodotto e una imitazione nella speranza di far recuperare alle nostre aziende le perdite dovute ai tarocchi. Se i nostri produttori inizieranno a ritirarsi dal mercato USA o a ridurre la presenza, la situazione peggiorerà. L’italian sounding aumenterà i profitti. Se prima si stimava un incremento del fenomeno del 15%, oggi possiamo ipotizzare un’impennata almeno al 20%.»
Le conseguenze per il settore dei dazi?
«Migliaia di bottiglie torneranno indietro, invendute. Le cantine vedranno aumentare i costi di stoccaggio, i margini caleranno, e in pochi anni potremmo perdere migliaia di posti di lavoro. Le piccole cantine, in particolare, rischiano di essere spazzate via da un mercato a stelle e strisce inondato da prodotti alternativi.» —winewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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