È sfociata in tre misure cautelari l’inchiesta dei carabinieri della compagnia di Tivoli sulla morte per overdose di un 66enne, avvenuta il 30 luglio 2024. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori e dalla Procura della Repubblica, non si sarebbe trattato di un caso isolato o accidentale, ma dell’epilogo di un’attività criminale strutturata, estesa tra Tivoli, Roma e Ciciliano.

I provvedimenti hanno raggiunto tre uomini: due italiani, di 66 e 74 anni, ora ai domiciliari, e un cittadino gambiano di 30, sottoposto all’obbligo di firma. Le accuse contestate a vario titolo vanno dalla morte come conseguenza di altro delitto, allo spaccio di stupefacenti, fino al peculato.

Fulcro dell’indagine è il 66enne italiano, dipendente di un ente pubblico. Secondo l’accusa, avrebbe fornito la dose letale alla vittima, agendo come intermediario stabile tra consumatori e pusher delle piazze di Ponte di Nona e Tor Bella Monaca. Non solo: avrebbe utilizzato regolarmente l’auto di servizio, dotata di lampeggiante, per recarsi nelle zone di spaccio anche durante l’orario di lavoro, nel tentativo di eludere i controlli.

La mattina del 30 luglio, la vittima si sarebbe recata presso l’abitazione del 74enne, accompagnato proprio dal dipendente pubblico. I due avrebbero poi acquistato l’eroina dal pusher gambiano e, tornati a casa, il 66enne deceduto l’avrebbe assunta tramite iniezione. È lì che ha perso la vita.

Gravi gli elementi emersi a carico del dipendente pubblico: avrebbe trasformato l’auto istituzionale in una base itinerante di spaccio e consumo, arrivando in alcune circostanze a usare droga insieme agli acquirenti a bordo del veicolo. Un comportamento che, secondo gli inquirenti, dimostra il suo pieno coinvolgimento nella rete criminale locale.

L’indagine, ancora in corso, potrebbe allargarsi ad altri soggetti coinvolti nella filiera dello spaccio.

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