Sinner perde, i leoni da tastiera ruggiscono: il tennis spiegato da chi non sa nemmeno che cos’è un rovescio
Ieri, a Halle, in Germania, Jannik Sinner è stato sconfitto da Alexander Bublik. Titoli già pronti, tastiere calde, polpastrelli scalpitanti. I “tennisti da tastiera”, categoria in continua espansione, si sono fiondati a commentare: “Eh ma se sei il numero uno non puoi perdere da Bublik”, “Così a Wimbledon non vai lontano”, “Non è da numero uno mondiale”. Fermate tutto. Facciamo un po’ di ordine.
Sinner ha perso. Vero. Ma perdere nel tennis – udite udite – è previsto. Anche per i numeri uno. Anzi: soprattutto per i numeri uno. Djokovic, Nadal, Federer: li ricordiamo per le vittorie, ma sono cresciuti attraverso le sconfitte. Non c’è gloria senza inciampo. E chi conosce davvero il tennis lo sa bene: è uno sport che si gioca anche col dolore, col dubbio, con il fallimento momentaneo.
Jannik, dopo tre mesi di sospensione da parte della VADA per la vicenda “Clostebol” (non una squalifica, chiariamolo una volta per tutte: sospensione), ha ricominciato a giocare ad altissimi livelli. È tornato, ha fatto finale a Roma, ha fatto finale al Roland Garros, ha perso entrambe da Alcaraz, ma è rimasto lì, solido, forte, competitivo. Da numero uno. E questo è già un mezzo miracolo sportivo, altro che lamenti da social.
Il problema, però, è culturale. È che oggi chi non distingue una “eastern” di dritto da una di rovescio si sente in diritto di parlare di tennis. Chi non ha mai tirato un rovescio in vita sua – e magari crede pure che il top spin sia un nuovo cocktail estivo – si permette di giudicare scelte tattiche, gestione delle energie, crono programmi di rientro post-sospensione. Umberto Eco, da lassù, scuote la testa e sorride amaro: “I social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. E il feed di ieri ne è stato la conferma.
Sinner, nel frattempo, è già con la testa a Wimbledon. La sconfitta contro Bublik non è un dramma. È un passaggio. Una curva in un percorso più grande. Perché chi conosce il tennis sa che spesso si vince dopo aver perso. Le sconfitte, se le sai leggere, ti spiegano cose che la vittoria non ti insegnerà mai.
Jannik lo sa. Il suo team lo sa. Gli addetti ai lavori lo sanno. Gli altri, quelli che ieri commentano “game over” e pubblicano un reel su TikTok, continueranno a non capire. Pazienza. Il tennis, quello vero, si gioca sul campo. Non sulla tastiera.
Fabrizio Gerolla
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