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La grande truffa della differenziata: il 70% dei rifiuti è sporco e non riciclabile

La raccolta differenziata è il simbolo dell’Italia virtuosa, del cittadino consapevole, del Comune efficiente. Ma dietro le cifre che sbandierano percentuali da record si nasconde una realtà molto meno limpida, soprattutto nel Lazio. Qui, dove fino al 2014 quasi tutto finiva in discarica, oggi sembra miracolosamente che la differenziata sia arrivata ovunque, pulita e pronta per il riciclo. Ma è davvero così?

A gestire la raccolta differenziata sono i Comuni, che poi appaltano il servizio a società private. Queste ditte si occupano del ritiro porta a porta o con cassonetti intelligenti, del trasporto e dello smistamento iniziale. E fin qui, tutto regolare. Il problema arriva quando si va a vedere cosa c’è davvero dentro quei sacchi colorati.

Secondo diversi operatori del settore, fino al 60-70% del materiale raccolto come “differenziato” non è realmente tale. Dentro la plastica trovi pezzi di legno, nella carta ci finiscono tovaglioli sporchi, nell’umido ci trovi di tutto. È una raccolta differenziata solo sulla carta. O, per meglio dire, solo sul modulo: il FIR, il formulario di identificazione rifiuti. Ogni carico ha un codice, l’EER, che ne certifica la tipologia. Ma chi verifica se quel codice corrisponde davvero al contenuto? E quando ci sono impurità, chi le segnala?

Il Lazio non ha impianti sufficienti per trattare tutta questa spazzatura. E allora, ogni giorno, tir e container carichi di rifiuti viaggiano verso impianti del Nord Italia, dove il materiale viene ulteriormente selezionato. Ed è lì che si scopre l’inganno: molta della “differenziata” laziale finisce di nuovo tra i rifiuti indifferenziati, perché contaminata. A quel punto viene smaltita come rifiuto generico, con costi ben più alti.

differenziata

E chi paga questi costi? I Comuni. E quindi, i cittadini. È un danno erariale mascherato da efficienza ecologica. Più tonnellate raccogli, più sembri virtuoso. Ma se la qualità del materiale è bassa, lo Stato (cioè noi) paga due volte: per raccoglierlo e per smaltirlo.

I controlli ci sono, ma sono pochi e a campione. L’ARPA dovrebbe monitorare, ma non ha risorse per farlo con sistematicità. ISPRA pubblica dati annuali, ma manca la fotografia vera di cosa accade quotidianamente nei centri di raccolta e negli impianti. Il sistema RENTRI, che dovrebbe tracciare digitalmente tutto il percorso dei rifiuti, è ancora in fase di rodaggio.

Intanto, le società che gestiscono il servizio continuano ad accumulare chilometri, incassare contratti e dichiarare percentuali da prima della classe. Ma la differenziata è davvero differenziata? O è solo un’etichetta, un codice su un modulo, dietro cui si nasconde la solita spazzatura?

Il Nord ci ha messo vent’anni a costruire un sistema efficace. Il Lazio sembra voler bruciare le tappe, saltando però l’unica che conta: la qualità del rifiuto raccolto. E senza quella, tutto il sistema è una bolla destinata a scoppiare. E quando succederà, saranno ancora i cittadini a pagare il conto.

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