Il Lazio differenzia, il Nord incassa: Rocca prova a cambiare rotta sul riciclo (infografica)
Nel Lazio si fa la raccolta differenziata, ma non si sa dove portarla. È questa la fotografia reale, e imbarazzante, della gestione dei rifiuti nella regione: una macchina che invita i cittadini a separare plastica, legno, vetro e organico, salvo poi dover spedire buona parte di questi materiali fuori dai confini regionali. Il problema? La mancanza cronica di impianti.
Nella regione non esistono strutture pubbliche in grado di trattare adeguatamente la plastica o il legno. Questi materiali, una volta differenziati, vengono raccolti, pressati e inviati verso impianti in Lombardia, Piemonte, Veneto e altre regioni del nord Italia. Un tragitto logistico che ha un costo preciso, e questo costo finisce nella bolletta dei rifiuti: la TARI.
Negli ultimi dieci anni, la TARI nel Lazio è aumentata costantemente. Se nel 2015 una famiglia media pagava circa 316 euro l’anno, oggi ne paga quasi 380. Una crescita lenta ma costante, che ha superato la media nazionale. E tutto questo mentre i cittadini, chiamati a essere “virtuosi”, si vedono scaricare sulle spalle le conseguenze di un sistema che non funziona.

La responsabilità non è dei cittadini, il fallimento è politico
Ma la responsabilità non è dei cittadini, il fallimento è politico, ed è figlio di un’impostazione che per anni ha preferito bandire gare d’appalto per il trasporto e il trattamento esterno dei rifiuti piuttosto che investire nella creazione di impianti regionali. Una linea precisa, portata avanti con coerenza da amministrazioni regionali a guida centrosinistra che hanno puntato tutto sull’esternalizzazione del servizio, trasformando la gestione dei rifiuti in una giungla di affidamenti e subappalti.
Questo modello ha creato una dipendenza strutturale dalle altre regioni, con un cortocircuito paradossale: il Lazio produce rifiuti, li raccoglie, ma poi è costretto a esportarli per mancanza di impianti. E mentre il ciclo integrato dei rifiuti resta una chimera, i costi aumentano, i disservizi si moltiplicano, e la politica – quella che ha avuto decenni per intervenire – si limita a chiedere più senso civico ai cittadini.

Dotare il Lazio di impianti propri per la gestione dei rifiuti differenziati
Oggi però qualcosa sembra muoversi. L’attuale giunta regionale guidata dal presidente Francesco Rocca ha cominciato a mettere mano a questa eredità pesante. Per la prima volta dopo anni si parla apertamente di dotare il Lazio di impianti propri per la gestione dei rifiuti differenziati. Un cambio di passo netto, che punta a rimettere ordine nel sistema e a ridurre i costi strutturali a carico dei cittadini.
“Dico subito che sarà fondamentale chiudere il ciclo dei rifiuti. Il Lazio, Roma in particolare, sconta un lunghissimo periodo di politiche inattive che hanno trascinato la Capitale a esportare la spazzatura a pagamento. Una follia“, ha dichiarato di recente Rocca, sottolineando la volontà di archiviare una gestione basata sull’esternalizzazione e sull’emergenza cronica.
A guidare il cambio di approccio è anche un principio di concretezza: “Spostiamo l’attenzione dalle guerre per la localizzazione degli impianti alla qualità e alla funzionalità della filiera“, ha spiegato, marcando la distanza da decenni di immobilismo e scontri politici su dove, piuttosto che su come, trattare i rifiuti.
In un settore dove per troppo tempo si è preferito navigare a vista e affidarsi a logiche esterne, l’idea di costruire una filiera pubblica e regionale può rappresentare una svolta. A patto che si riesca davvero a passare dalle parole ai cantieri. E che questa volta la politica non si accontenti di firmare contratti, ma costruisca soluzioni.
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