Rifiuti nel Lazio: la crisi è un affare, non un’emergenza
Nel Lazio, la gestione dei rifiuti è diventata il simbolo di una crisi costruita a tavolino, non un’emergenza imprevista. A denunciarlo, senza troppi giri di parole, è l’analisi pubblicata dal Sole 24 Ore, che fotografa una regione ancora drammaticamente inadeguata sotto il profilo impiantistico e gestionale. Eppure, basterebbe poco per invertire la rotta. Se davvero si volesse.
Per oltre cinquant’anni, la politica ha prodotto e gestito una strategia del disastro, utile a rendere “appetibile” – per privati e grandi utility – un settore ridotto in macerie. È il classico schema italiano: si genera l’emergenza, si alimenta il caos, poi si cede la governance a chi può “salvare” la situazione. Con il risultato che la collettività paga due volte: in bolletta e in salute.
Nel Lazio si profila un rischio concreto di trasformazione in una nuova “terra dei fuochi”: sversamenti illegali, mancanza di controllo, incendi sospetti nei siti di stoccaggio e discariche ormai al collasso. Non è un’esagerazione, ma il frutto di decenni di assenza di una visione industriale fondata sulla sostenibilità. E oggi, dopo aver spolpato il sistema pubblico, la politica si defila, lasciando campo libero a piccoli artigiani improvvisati o a colossi multiservizi pronti a entrare nel business.
A tutto questo si aggiunge l’alibi del termovalorizzatore: presentato come soluzione miracolosa, è in realtà un’arma di distrazione di massa. In un Paese che ha firmato impegni europei per la neutralità climatica, bruciare rifiuti è una scelta retrograda, ambientalmente discutibile ed economicamente sbagliata. Serve invece puntare con decisione su impianti per il riciclo, sulla raccolta differenziata spinta, sull’innovazione industriale e sull’economia circolare. Non è utopia, è già realtà in molte regioni italiane che oggi vantano numeri virtuosi.
E mentre il sistema arranca, sono sempre i cittadini a pagare. Nel Lazio, la tassa sui rifiuti (TARI) è tra le più alte d’Italia. La spesa media regionale è ben superiore alla media nazionale, con punte che a Roma superano i 390 euro e a Latina sfiorano i 430 euro. Una contraddizione evidente, se si pensa che il servizio è tutt’altro che efficiente e che la raccolta differenziata resta sotto la soglia minima indicata dalle direttive europee. A fronte di un servizio scadente, le famiglie laziali si trovano a sborsare ogni anno cifre esorbitanti, senza garanzie ambientali né trasparenza gestionale.
Come diceva Giovanni Falcone, “seguite il flusso dei soldi e troverete i ladri”. Ecco cosa dovrebbe fare la Corte dei Conti: indagare su appalti, consulenze, sprechi e omissioni. Perché dietro a ogni cassonetto pieno e ogni discarica esplosa, c’è un flusso economico che non ha nulla a che fare con l’interesse pubblico.
Il Lazio può uscire da questa spirale. Ma solo se si sceglierà la trasparenza, la pianificazione e una vera conversione ecologica del ciclo dei rifiuti. Altrimenti, continueremo a respirare emergenze e a bruciare futuro.
Seguiteci sulla nostra pagina Facebook
Scopri di più da Dalla Platea
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.