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Santa Palomba: il termovalorizzatore da un miliardo di euro tra inchieste, sprechi e rischi ambientali

Il 7 maggio 2025 è stato dato il via libera all’inizio dei lavori per il termovalorizzatore di Santa Palomba, un progetto da un miliardo di euro promosso dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Tuttavia, dietro questa grande opera si celano numerose ombre: indagini giudiziarie, costi gonfiati, scelte logistiche discutibili e gravi preoccupazioni ambientali.

Indagini e denunce: un progetto sotto la lente della magistratura

La trasmissione Report di Rai 3, il 15 dicembre 2024, ha dedicato un’intera puntata al termovalorizzatore di Santa Palomba, intitolata “Il Santo Inceneritore”, svelando una serie di aspetti opachi che smentiscono la narrazione rassicurante delle istituzioni. Il programma ha evidenziato che l’impianto sarà operativo solo nel 2027, ben oltre il Giubileo per cui era stato giustificato, sollevando dubbi sull’urgenza dell’opera. È emerso poi che il terreno, acquistato da AMA per circa 7,5 milioni di euro, risulta in parte inedificabile e attraversato da un fosso deviato abusivamente, elemento ignorato nelle perizie.

Ma non finisce qui: Report ha raccolto la preoccupazione di agricoltori, cittadini e imprenditori locali, che vivono a pochi passi dal sito, denunciando gravi rischi per la salute e l’ambiente. L’inchiesta ha inoltre messo in luce il ruolo controverso di ACEA, capofila dell’appalto, che in passato aveva chiesto tutele ambientali per quell’area, oggi ignorate. Infine, il progetto è passato grazie ai poteri straordinari affidati al sindaco-commissario Gualtieri, che ha potuto approvare un piano rifiuti ad hoc, aggirando le normative regionali.

In sintesi: un impianto voluto con fretta, costruito su un terreno problematico, in una zona fragile e con risorse idriche limitate. Report ha smontato pezzo per pezzo l’idea che si tratti di un’opera “moderna” e “green”, restituendo l’immagine di un progetto pieno di ombre. Successivamente, la Commissione parlamentare Ecomafie ha annunciato un’inchiesta sull’impianto di Santa Palomba, collaborando con la procura per fare chiarezza su possibili illeciti legati al ciclo dei rifiuti.

Inoltre, 19 persone, tra cui il sindaco Gualtieri e l’assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi, sono state denunciate per presunte irregolarità nell’acquisto del terreno destinato all’impianto. Secondo l’esposto presentato dai comitati locali, il terreno, valutato circa 1 milione di euro, sarebbe stato acquistato da AMA per 7,5 milioni, con una perizia definita “superficiale e sciatteria istituzionale”

Costi esorbitanti e scelte discutibili

Il costo dell’opera, pari a un miliardo di euro, solleva interrogativi, soprattutto considerando che erano state avanzate proposte alternative con un costo stimato di 600 milioni. La scelta di un progetto più costoso, senza un’adeguata comparazione con altre opzioni, alimenta dubbi sulla gestione delle risorse pubbliche.

Milioni di metri cubi di acqua: una risorsa già in crisi

Uno degli aspetti più critici, e meno discussi dai promotori del termovalorizzatore, riguarda la risorsa idrica necessaria per far funzionare l’impianto. Parliamo di milioni di metri cubi d’acqua l’anno, indispensabili per i sistemi di raffreddamento. E dove pensano di prenderla? Secondo quanto trapelato da fonti tecniche, l’ipotesi sul tavolo sarebbe quella di scavare pozzi fino a 200 metri di profondità per intercettare le falde sotterranee.

Ma è davvero questo il piano? Scavare a 200 metri come se fosse un pozzo di petrolio, nella speranza che lì sotto ci sia abbastanza acqua per un impianto energivoro? E se non si trova? Si scava a 300? A 400? È una strategia o un tentativo alla cieca? L’idea suona come una scommessa folle su una risorsa già in crisi, specialmente in una zona come quella dei Castelli Romani, dove le falde sono già in sofferenza da anni, tra siccità e prelievi eccessivi.

Non esistevano alternative?

Eppure c’erano alternative più sensate. Zone dove l’acqua è abbondante, come lungo il Tevere tra Settebagni e il Grande Raccordo Anulare ad esempio, dove non vi sono abitazioni e i mezzi pesanti avrebbero potuto transitare tranquillamente senza sostenere i costi via treno. Come mai si è preferito un sito dove la prima goccia utile si trova a centinaia di metri sotto terra? Il rischio è quello di consumare una risorsa idrica già preziosa per le comunità locali, con effetti collaterali ancora tutti da valutare su agricoltura, ambiente e salute pubblica.

Trasporto dei rifiuti via treno: chi sostiene i costi?

Il progetto prevede infatti il trasporto dei rifiuti all’impianto via treno, evitando l’utilizzo di tir sulla via Ardeatina. Tuttavia, non è chiaro chi si farà carico dei costi (sicuramente ingenti) per la realizzazione e la gestione della linea ferroviaria dedicata. Senza dettagli precisi, è lecito temere che tali oneri ricadano sui cittadini attraverso aumenti delle tariffe o imposte locali.

Un’opera vecchia spacciata per futuro

Il termovalorizzatore di Santa Palomba viene venduto all’opinione pubblica come una “grande opera per la modernità”, ma in realtà rappresenta l’esatto contrario: non è il futuro, è il passato che torna a bussare alla porta, mascherato da progresso. Mentre l’Europa e le città più avanzate puntano su riduzione, riuso, riciclo ed economia circolare, in Italia si continua a bruciare: rifiuti, risorse, soldi pubblici e fiducia dei cittadini.

Costruire oggi un impianto che emette CO₂, produce scorie e consuma quantità esorbitanti di acqua significa ancorarsi a un modello industriale vecchio, inefficiente, ambientalmente dannoso. Significa rinunciare all’innovazione vera, quella che trasforma i rifiuti in valore attraverso filiere virtuose e partecipate.

Il sospetto, ormai difficile da scacciare, è che dietro la retorica dell’efficienza si nascondano interessi privati ben radicati, pronti a trarre profitto da un’opera costruita con soldi pubblici e destinata a durare decenni. Con il rischio concreto di ritrovarci, tra vent’anni, con l’ennesimo eco-mostro da dismettere, costato miliardi e utile a pochi.

Ancora una volta, invece di progettare il futuro, si mette il cemento su un’idea di sviluppo che sa già di fallimento.

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