Al Bambino Gesù intervento salvavita in ragazzo con ‘cuore a metà’
Sono state messe a punto manovre fuori dagli standard per l’intervento di cardiologia mininvasiva che ha salvato la vita a un giovane adulto nato con il ‘cuore a metà’, così definito perché senza il ventricolo destro. Era in pericolo per il malfunzionamento della valvola mitrale e per il superlavoro del suo cuore anomalo, condizione che rendeva la chirurgia tradizionale un’opzione ad altissimo rischio. Dopo il via libera del Comitato etico dell’ospedale e del ministero della Salute, la procedura innovativa di riparazione del difetto – impianto trans-catetere di 3 clip valvolari – è stata eseguita con successo da un’équipe del Bambino Gesù di Roma con il supporto di esperti internazionali.
Il caso, che ha pochi precedenti descritti nella letteratura scientifica mondiale, apre la strada a nuove possibilità di cura per i pazienti con cardiopatie congenite rare. Il cuore univentricolare – spiega una nota – è una rara e complessa cardiopatia congenita in cui un solo ventricolo è in grado di pompare il sangue in tutto il corpo. Nei pazienti che raggiungono l’età adulta possono insorgere complicanze significative, tra cui insufficienza valvolare grave, che peggiorano la funzione cardiaca e possono portare alla necessità di trapianto o anche alla morte. Il paziente curato con la procedura innovativa è un giovane di 32 anni con una lunga storia di interventi cardiochirurgici complessi, tutti eseguiti al Bambino Gesù, necessari per costruire un sistema di circolazione alternativo, detto di Fontan, che porta il sangue povero di ossigeno dalle vene cave direttamente ai polmoni, senza passare per il cuore. Questa condizione sottopone l’organismo e il ventricolo rimanente a un costante superlavoro e comporta terapie e controlli serrati per tutto l’arco della vita.
Con il tempo, il giovane aveva sviluppato una grave insufficienza mitralica: la valvola cardiaca non funzionava più a dovere perdendo oltre il 60% del sangue ossigenato che doveva tornare in circolo. Un sistema inefficiente che comprometteva la sua qualità di vita e lo esponeva a un elevato rischio di scompenso cardiaco e di morte. Per situazioni simili, fino ad oggi, oltre al trapianto, l’unica possibilità terapeutica era l’intervento chirurgico tradizionale. Tuttavia, nel caso di questo paziente, tale ultima opzione è stata considerata troppo rischiosa. Dopo un’approfondita valutazione del caso, il team del Bambino Gesù composto da cardiologi interventisti, cardiologi del congenito adulto, cardiochirurghi, radiologi, ingegneri, anestesisti, ha optato per un approccio innovativo: una procedura mininvasiva trans-catetere (il catetere, sottile tubicino flessibile, viene inserito nei vasi sanguigni e manovrato fino a raggiungere il cuore) per l’impianto di 3 clip necessarie a rinforzare la chiusura della valvola mitralica difettosa. L’intervento, eseguito con manovre non standard e per una via di accesso del tutto inusuale (attraverso il condotto di Fontan), ha richiesto una pianificazione preoperatoria e studi di fattibilità con modelli 3D del cuore univentricolare e simulazioni virtuali, rese possibili grazie al lavoro degli specialisti dell’Unità di Imaging avanzato del nosocomio romano.
La procedura è stata eseguita con successo nelle scorse settimane dall’équipe guidata dal Gianfranco Butera, responsabile di Cardiologia Interventistica del Bambino Gesù, con il supporto di Matthew Gillespie professore del Children’s Hospital of Philadelphia e Francesco Maisano professore dell’Ospedale San Raffaele di Milano e sotto la guida ecocardiografica di Claudia Montanaro, responsabile di Cardiologia del Congenito adulto del Bambino Gesù.
“La particolarità dell’intervento – spiega Butera – è stata proprio la necessità di passare attraverso il condotto di Fontan per arrivare alla valvola mitralica che, in questo tipo di pazienti, presenta caratteristiche anatomiche molto diverse rispetto a quelle di un cuore normale. Abbiamo dovuto adottare manovre non convenzionali per garantire il corretto posizionamento delle clip e ottenere la massima efficacia”. Grazie a questa tecnica alternativa, l’insufficienza mitralica, inizialmente grave, è stata ridotta a un livello inferiore al lieve. Le condizioni cliniche del paziente sono migliorate rapidamente ed è stato dimesso dopo soli 6 giorni dall’intervento con una netta riduzione della terapia farmacologica necessaria. Questo risultato si inserisce in un più ampio programma dell’ospedale dedicato allo sviluppo di tecniche innovative per il trattamento delle disfunzioni valvolari nei pazienti con cardiopatie congenite. “L’ospedale – aggiunge Butera – ha strutturato un team multidisciplinare che si occupa in modo sistematico di questo tipo di patologie rare e complesse. Stiamo costruendo un programma di riferimento per l’Europa che possa offrire nuove possibilità terapeutiche ai pazienti con condizioni altrimenti non trattabili o curabili con elevati rischi chirurgici”.
Come sottolinea Montanaro: “Il miglioramento dei trattamenti che si è ottenuto negli ultimi 20 anni ha ampliato le opzioni di vita per i pazienti nati con cardiopatie congenite che oggi riescono facilmente a raggiungere l’età adulta. Ne derivano però nuovi problemi e nuove sfide, molte delle quali ancora sconosciute. È necessaria la presenza di professionisti dedicati e specializzati – conclude – per seguire questi pazienti con opzioni innovative”.
—cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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